| Premesso che mi piacciono tantissimo, e soprattutto stravedo per Jared Leto, sia come attore, sia come cantante...però sinceramente pensavo fosse un tipo tutto diverso. Lo immaginavo un po' schivo, quasi timido...Quest'intervista (presa dal Vanity Fair di questa settimana) dimostra che è uno che fa il divo, con tutte le sue pretese...sono rimasta molto delusa e per questo ho deciso di postare l'articolo. Ps. questo non toglie niente al fatto che lui sia un figo da paura e che comunque siano bravi...
L’ANTEFATTO Berlino, martedì. Il fotografo deve immortalare i 30 Seconds to Mars, la band di Jared Leto, trentacinquenne a noi noto per aver interpretato film come Fight Club, American Psycho, Alexander e Chapter 27 (se non l’avete riconosciuto è perché in uno era sfigurato dalle botte, nell’altro devastato da un’ascia, nel terzo aveva i capelli lunghi e biondi e nell’ultimo, in Italia forse in autunno, è ingrassato il doppio per interpretare l’assassino di John Lennon). Il fotografo arriva nel locale dove più tardi ci sarà il concerto, e i ragazzi arrivano dopo mezzora. “Ok possiamo fare le foto” dice Jared porgendo il pugno per salutare. Dopo quindici scatti Jared ritiene che sia sufficiente. Il fotografo chiede di fare delle foto singole a ognuno dei tre componenti, Jared, suo fratello Shannon, batterista, e Tomo, il chitarrista. Richiesta respinta. Altri dieci scatti. “Ok ragazzi finito”. Jared e soci scompaiono. Tempo totale: 7 minuti, e il fotografo torna in Italia. Nel frattempo a Milano la giornalista fa ricerche su Jared. Di lui si sa che, dopo l’infanzia un po’ nomade in giro per l’America con la madre, è approdato a Los Angeles per cercar fortuna. L’ha trovata, prima facendo l’attore in una serie televisiva, poi partecipando a film importanti. Il suo sogno nel cassetto però è fare il musicista. Con il fratello Shannon, che suona la batteria, ha sempre improvvisato concerti, genere emo-rock, come si chiama oggi il mix di suoni duri e testi romantici. Nel 2002 esce il primo disco, che vende 200 mila copie (poco, in America). Jared si ostina a non mettere il suo nome da nessuna parte: non vuole che nessuno compri il disco spinto dalla curiosità verso di lui, che nel frattempo, a Hollywood, si è legato prima a Cameron Diaz, poi a Scarlett Johannson e Lindsay Lohan. Alla giornalista viene intimato di non fare domande a Jared riguardo a tutto questo. Lui parla del “gruppo”, non del “gruppo di Jared Leto”. Ora che A Beautiful Lie, uscito nel 2005, ha venduto più di un milione di copie in America e 15 mila in Italia, esiste un preciso elenco di cose che si possono chiedere a Jared, e cose che no. Se si tocca la corda sbagliata, lui si alza e se ne va. Alla giornalista offrono di fare intervista con nuove foto a Pisa, prima del concerto che i 30 Seconds To Mars terranno al Metarock Festival.
IL FATTO La Spezia, giovedì. Il manager del gruppo fa sapere che l’intervista potrebbe essere spostata da Pisa a Firenze, con un’ora di anticipo. Fotografo, giornalista e truccatore fanno una deviazione di 200 km e tornano indietro. Arriva un sms: i ragazzi non sono sicuri di poter fare le foto perché a Firenze sta venendo giù il diluvio universale, i loro vestiti sono fradici e non hanno il cambio. Il trio improvvisa: c’è un negozio D&G in centro che può prestare gli abiti per il servizio. Dopo varie telefonate e decine di chilometri, un altro sms: i ragazzi stanno mangiando. Non si sa se vorranno andare a cambiarsi. Il traffico aumenta e dopo un’ora di coda si arriva in centro. Nuovo sms: i ragazzi andranno al negozio e non si deve raggiungerli in albergo. A piedi e di corsa, fotografo, giornalista e truccatore arrivano da D&G. la giornalista trova i componenti della band intenti a scegliere i vestiti. Jared Leto gira in ciabatte. La giornalista offre la mano, lui porge il pugno. Il manager si raccomanda, “niente domande di gossip”. Si comincia dieci minuti dopo.
È la vostra prima volta in Italia? Shannon: si, è davvero fantastico. La folla che ci ha accolto era enorme. Peccato che non riusciremo a visitare nulla, ci fermiamo pochissimo. Avete una base, chiamata Echelon, che vi sostiene in tutto il mondo e ha creato una grande community in Internet. Come è nato tutto questo? S: credo sia il naturale progresso della nostra popolarità, che viene dal messaggio che lancia la musica. Che sarebbe? J: ha a che fare con la realizzazione dei propri sogni. Il nostro motto è “provehito in altum”, punta in alto. Perché avete scelto un motto latino? J: perché, come un’istituzione, un’università, abbiamo un credo. Quel è il gesto più pazzo fatto da una fan per voi? J: qualcuno si fa un tatuaggio, oppure ci segue in giro per il mondo. E quella volta che le hanno spaccato il naso mentre si buttava sul pubblico? J: è incredibile come la stampa scriva cose non vere e sia sempre negativa. Io avevo una bandiera in mano e volevo salire sul palco dal parterre. La gente, che mi adora, voleva abbracciarmi, toccarmi. Sono rimasto schiacciato tra la folla e ho picchiato l’asta della bandiera sul naso. Ai vostri concerti, oltre che con le bandiere, arrivate mascherati con un fazzoletto sul volto, come sulla copertina del disco. Ha un significato? Tomo: no. È solo per divertirsi, creare una connessione con il pubblico. Sembra l’immagine di una folla che protesta. J: A Beautiful Lie è una canzone politica per certi aspetti. Le nostre canzoni parlano di rivolte interiori, che possono essere anche rivolte in generale. Nel vostro nome fate riferimento a Marte. David Bowie, con gli Spiders from Mars, è stato il primo a lanciare questa suggestione nel rock. Vi ha influenzato? J: non siamo i primi e non saremo gli ultimi a usare “Marte”. Ma non capisco la domanda. Dopo questo tour avete già iniziato a pensare al vostro prossimo disco? J: sì, abbiamo già alcune idee. I vostri fan, su Internet, scalpitano. S: siamo molto contenti del rapporto con loro. Come reagite ai commenti negativi del pubblico? Su You Tube ci sono video e interviste di Jared sotto le quali la gente fa commenti tipo “è chiaramente gay” o “si fa di crack”. J: perché mi chiede questo? Vuole provocarmi. Assolutamente no. J: mi vuole provocare. Le interessa solo il gossip. Basta così.
La giornalista finisce nell’elenco di quelli a cui è stato spento il registratore. Il manager le ricorda che il gossip era vietato. Jared va al trucco e si fa fotografare. Il fotografo spiega a Jared che la giornalista è seria, ma lui replica di essersi sentito aggredito. La giornalista va a fare due passi e dopo dieci minuti Jared la va a cercare. Mentre suona l’allarme del negozio, perché Jared ha varcato l’ingresso con indosso una giacca, le spiega che lui non beve, non fuma, ma non capisce perché la rivista si sia accanita su di lui. Che lui ama l’Italia, la pasta, la pizza. Che forse oggi era stanco, si è svegliato presto, ha fatto il soundcheck, un’intervista in tv, ha respirato appena il calore dei fan quando è arrivata la grandine a rovinare tutto. Che poi ha dovuto cambiarsi di corsa e sedersi su quel divanetto con l’ennesima giornalista che lui non conosce e che gli fa domande così a bruciapelo. Jared chiede di poter abbracciare la giornalista. Dice che da oggi sarà la sua migliore amica. Jared, con i suoi 30 Seconds to Mars e 14 capi D&G, se ne va. Al fotografo, alla giornalista e al truccatore resta in mano un portascarpe. Le scarpe se le sono tenute loro.
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